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NEO – SCOLASTICA

Il termine fu introdotto dal Card. Desirè Mercier (Università cattolica di Lovanio, in Belgio 1851-1926). Mercier espose la dottrina neo-tomista in corsi universitari col titolo generale di Corsi sulla filosofia di S. Tommaso d’Aquino. Egli si concentra specialmente su alcuni problemi fondamentali risultanti dall’esigenza di rinnovare la filosofia tomistica nel confronto con la filosofia moderna da Cartesio a Kant. Si tratta anzitutto del problema del conoscere, nel suo rapporto con l’essere conosciuto, quindi del problema della verità e dei suoi criteri (affrontato nella cosiddetta “criteriologia”) e del problema di stabilire la giusta relazione tra gnosologia e ontologia. Di tutto ciò Mercier tratta nella sua opera più famosa intitolata: “Criteriologia generale e trattato generale della certezza” del 1899. In essa egli si preoccupa di trovare i criteri che rendono possibile l’oggettività del conoscere, indipendentemente dalla realtà conosciuta, e quindi l’oggettività della corrispondenza tra l’ordine della idealità (pensiero) e quello della realtà (le cose). Contro la filosofia moderna, Mercier si fece assertore di un realismo gnoseologico nel quale, pur affermando il primato dell’essere sul conoscere, si concentra a tal punto sulle condizioni conoscitive che, come apparve ad alcuni neo-scolastici quali Gilson (1884-1978) e Masniovo (1880-1955), finì col fare troppe concessioni alla moderna “filosofia del soggetto”. Su tale realismo gnoseologico egli basa poi la sua metafisica, nella quale parte dal principio fondamentale fornito dalla “terraferma dell’esperienza, per usare un’espressione cara a Kant. Pertanto si può dire che per Neo-scolastica si intende un ampio movimento di ripresa e di rinnovamento della tradizione della Scolastica medievale, che caratterizzò la filosofia e il pensiero cattolici a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento, e che è continuato anche nel Novecento, si può dire fino al Concilio Vaticano II (1962-1965). Le ragioni che ne motivarono la genesi furono molteplici, ma nel complesso la Neo-scolastica può essere considerata una reazione del pensiero cattolico contro la secolarizzazione moderna dell’immagine del mondo ad opera della scienza e della filosofia. Fu il tentativo di dare alla cattolicità un sistema filosofico organico che, contro le varie concezioni laicistiche, illuministiche, materialistiche e positivistiche, recuperasse il valore speculativo dei grandi sistemi della Scolastica. Ci fu in particolare una ripresa dei sistemi filosofici di Tommaso d’Aquino (1225-1274) ad opera dei domenicani, di Francisco Suarez (1548-1617) ad opera dei gesuiti, e di G. Duns Scoto (1265-1308) ad opera dei francescani. Un primo fattore importante che preparò la genesi del movimento neo-scolastico può essere considerato il ripristino, nel 1814, della Compagnia di Gesù che era stata sciolta nel 1773, e quindi la fondazione, nel 1849, della “Civiltà Cattolica” l’importante periodico della stessa Compagnia. La nascita e lo sviluppo della Neo-scolastica, furono poi direttamente sostenuti dalla Chiesa cattolica, che se ne fece promotrice con interventi dottrinali e istituzionali. L’incentivo determinante fu senza dubbio il riconoscimento papale espresso con l’enciclica Aeterni patris del 1879, con la quale Leone XIII, attaverso la ripresa della Scolastica, intendeva rilanciare la cultura cattolica e scuoterla dall’atteggiamento di difesa passiva in cui i progressi del pensiero laico e liberale l’avevano costretta. Leone XIII diede pure inizio a una grande edizione delle opere complete di Tommaso d’Aquino, il cui primo volume apparve nel 1887: purtroppo l’edizione procedette tra lentezze e interruzioni ed è oggi ancora in corso. Un nuovo incitamento alla ripresa della tradizione scolastica venne dalla condanna del “modernismo” cioè di quella corrente del pensiero cattolico incline a recepire le innovazioni e le trasformazioni della modernità: tale condanna fu espressa nel 1907 da Pio X con l’enciclica “pascendi dominici gregis”. Il movimento neo-scolastico si sviluppò specialmente nel mondo di lingua francese. Il centro più fiorente fu in Belgio, presso l’Istituto superiore di Filosofia di Lovanio, fondato nel 1894 contemporaneamente alla “Rivista neo-scolastica, tutt’oggi esistente ma con il nuovo nome di “Rivista filosofica di Lovanio”. In Francia la Neoscolastica si diffuse nei numerosi istituti di formazione cattolica (Parigi, Lione, Lillà, Tolosa) e negli studentati dei domenicani e dei gesuiti; la rivista più prestigiosa fu qui la “Rivista tomista” (dal 1893). In Italia il pensiero neo-scolastico fu coltivato anzitutto a Roma, nella Pontificia Università gregoriana e nella Pontificia Università Lateranense, ma centri importanti furono il Collegio Alberoni a Piacenza e successivamente, l’Aloisianum di Gallarate e, soprattutto l’Università cattolica del S. Cuore di Milano dove, dal 1909, si pubblica la “Rivista di filosofia neoscolastica”. In Germania furono baluardi dell’ortodossia neoscolastica le università di Munster e l’istituto teologico di Eistatt. In Spagna le università di Salamanca e di Madrid. Possono infine essere ricordate l’università cattolica di Nimega nei Paesi Bassi e quella di Friburgo in Svizzera. La Neoscolastica ebbe i suoi sviluppi anche oltreoceano: negli Stati Uniti: nelle università di Notre- Dame e di Washington con le riviste “Nuovo Scolasticismo” dal 1927 e “Il Tomismo” dal 1939; in Canada nell’università di Québec e presso l’Istituto di Studi Medievali di Toronto, fondato da Gilson nel 1929. Si può dire che il movimento neoscolastico, e i suoi ultimi effetti, siano arrivati sino ai nostri giorni: ancora nel 1950 con l’enciclica Humani Generis, Pio XII  ribadiva la centralità per la Chiesa cattolica della filosofia scolastica. Con il Concilio Vaticano II (1962-1965) si è invece avuta un’apertura della Chiesa cattolica nei confronti dei fermenti culturali e filosofici del mondo contemporaneo. Venuto meno l’arroccamento nel neotomismo, il quale era ormai diventato il baluardo del conservatorismo dottrinale, si aprivano per il pensiero cattolico le vie verso una pluralità di orientamenti speculativi che hanno progressivamente portato alla crisi della filosofia neoscolastica. Infatti, nel discorso per il centenario della Aeterni Patris (1979), Giovanni Paolo II, pur ribadendo la preferenza della Chiesa cattolica per il tomismo, ha riconosciuto l’esistenza di un pluralismo di orientamenti filosofici “degni di attenzione e di rispetto” con i quali il pensiero di ispirazione cattolica non può non confrontarsi.

IN ITALIA

Gli inizi del movimento neo-scolastico risalgono a molto prima della Aeterni patris, con la quale esso fu ufficialmente accolto dalla Chiesa cattolica. Pionieri della ripresa del pensiero di S. Tommaso d’Aquino furono il canonico Vicenzo Buzzetti (1777-1824) che insegnò nel seminario di Piacenza, creandovi il primo centro neotomista, dove furono suoi allievi i fratelli Domenico e Serafino Sordi, entrati poi nella Compagnia di Gesù, il canonico napoletano Gaetano Sanseverino (1811-65), che insegnò nel seminario arcivescovile della propria città e fondò la rivista “Scienza e fede” e l’Accademia di filosofia tomistica; il gesuita Luigi Taparelli d’Azeglio (1793-1862) che fu redattore della “Civilità Cattolica”; il gesuita Giovanni Cornoldi (1822-1892), avversario di Rosmini, fondatore delle accademie tomiste di Bologna e di Roma; infine Tommaso Zigliara (1833-1893) che curò il primo volume dell’edizione leonina delle opere di San Tommaso. Nel secolo scorso il centro italiano di Neoscolastica più prestigioso divenne Milano, dove il francescano A. Gemelli (1878-1959) pur essendo medico e psicologo, fondò nel 1909 la “Rivista di filosofia neoscolastica” nel 1921 l’Università cattolica del S. Cuore. Gli esponenti più importanti della Neoscolastica milanese furono: F. Olgiati (1886-1962) che studiò soprattutto la filosofia moderna e A. Masnovo (1880-1955) che si occupò del pensiero medievale e diede una prima ricostruzione storica del movimento neo-scolastico. Nelle loro posizioni teoretiche, contro l’inclinazione della Neoscolastica lovaniense a recepire lo gnoseologismo e il fenomenismo della filosofia moderna, nei quali il concetto, da id quo cognoscitur, diventa id quod cognoscitur, essi difesero il realismo classico e il primato dell’essere sul conoscere. Vi fu poi il Veronese G. Zamboni (1875-1950) docente alla Cattolica di “Criteriologia e gnoseologia” che nella sua concezione neoscolastica non muove da un punto di partenza ontologico e metafisico, quale la nozione di essere, bensì dall’analisi gnoseologica dei fondamenti del conoscere. Il pensatore più acuto e originale della Neoscolastica milanese fu Gustavo Bontadini (1903-1990), che attraverso l’interpretazione della filosofia moderna come storia dello gnoseologismo, cioè del primato del conoscere sull’essere, mostra come si imponga alla filosofia contenporanea il compito di recuperare la metafisica classica, cioè appunto il primato dell’essere sul conoscere. Questo per salvare i fenomeni, ossia per sciogliere l’apparente contraddittorietà del divenire delle cose (che, in quanto divenienti, ora sono ed ora non sono) risalendo a un principio trascendente. Dalla contradditorietà del divenire, il suo allievo più originale, Emanule Severino (1929) ha ricavato, anziché l’istanza di un principio trascendente, la negazione del divenire stesso e quindi l’affermazione dell’eternità di tutte le cose, approdando a una filosofia neo-parmenidea condannata ufficialmente dalla Chiesa. Possiamo ricordare anche Sofia Vanni Rovighi (1908-1990) distintasi specialmente per i suoi studi di storia della filosofia e Cornelio Fabro (1911-1995) studioso di filosofia moderna e contemporanea, che ha tradotto dal danese e fatto conoscere Kierkegaard in Italia. Un interlocutore privilegiato della Neoscolastica milanese, pur senza essere neoscolastico, fu Marino Gentile (1906-1991), la cui opera principale è il Trattato di filosofia (1987). Egli ha proposto un richiamo alla metafisica classica, radicato in due intuizioni fondamentali, ossia l’idea che la filosofia è “un domandare tutto che è un tutto domandare” cioè “problematicità pura” e che essa si struttura come “intelligenza dell’esperienza”. Nello sviluppare queste intuizioni Gentile ha prestato particolare attenzione al pensiero aristotelico, e proprio in ragione di tale riferimento ad Aristotele, egli ha preso le distanze dalla Neoscolastica, ma ha criticato anche il “problematicismo” sviluppato da Ugo Spirito (1896-1979). Infatti, in Spirito il domandare assume il carattere di un atteggiamento definitivo, quindi dogmatico, per la rigida volontà di mantenere tutto in questione, anche il domandare stesso: la problematicità, originariamente condizione di apertura, finisce per diventare assioma di chiusura, cioè diventa problematicismo. Consapevole di questa aporia, la problematicità pura intende invece mantenersi aperta alla possibilità della risposta e dello sviluppo sistematico. In effetti, l’esigenza della problematizzazione fa sì che il dato “il che” non possa essere assunto nella sua immediatezza come qualcosa di concluso, ed esige che se ne ricerchi la ragione, il perché, in modo che la conoscenza del che si trasformi attraverso la problematizzazione nel sapere del perché, passando dalla potenza del problema all’atto del sistema, cioè dalla potenzialità dell’esperienza all’attualità dell’intelligenza.

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