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Nella mia vita c’è un po’ la vita dell’altro”.
Serata dedicata al Volontariato come elemento essenziale di una vita realizzata. Gianna Anselmi sarà la prima relatrice a cui seguiranno due preziose testimonianze:
– Anna – “ il telefono rosa “ e le bimbe di Watamu
– Francesco  -“ i fiori de testa” e la “ fontana d’amore”
RELAZIONE INTEGRALE DI GIANNA ANSELMI
Cari amici dell’Hostaria, mi sento un po’ fuori luogo a prendere il posto dei prestigiosi relatori che sono soliti intrattenerci in questi incontri, ma ho voluto chiedere al nostro Coordinatore , con una lettera formale, che dedicasse una serata al tema del “ volontariato “ perchè ritengo che in un momento di grande delusione come quella che ognuno di noi vive guardandosi intorno, ci sia la necessità di risvegliare in noi stessi la fiducia per la “ persona “, così importante nella sua essenza per le sue origini e per il suo destino. Chi è fatto a immagine e somiglianza di Dio infatti deve trovare un modo diverso di stare al mondo fondato su principi di socialità, partecipazione, responsabilità della comunità tutta in relazione alla convivenza e cittadinanza. Esamineremo quindi un modo diverso di fare volontariato ( so’ che anche in mezzo a voi c’è chi dedica parte del suo tempo agli altri ) ma l’approccio che dobbiamo avere non è quello del più forte che aiuta il più debole o del più fortunato che aiuta il meno fortunato. E’ l’aiuto che la persona con le sue fragilità offre a chi ha altre fragilità e si confronta, parla, ascolta, costruisce una relazione che deve essere intensa e duratura fino a produrre nei soggetti un cambiamento. Questo scambio reciproco di esperienze e conoscenze ,aiuta a formulare idee innovative e progetti nel contesto in cui viviamo e fanno la differenza difronte a ciò che abbiamo fatto finora. La chiave si chiama GENERATIVITA’. Proviamo a comprendere meglio questo termine che ci porta al verbo Generare. L’uomo genera, non si riproduce; si riproducono gli animali per la conservazione della specie ma l’uomo genera “ una persona” che già dal suo primo albore porta in sé un patrimonio genetico che parla dei suoi antenati , porta in se’ un prezioso bagaglio di conoscenze che gli saranno indispensabili per tutta la vita. Già questa piccola vita nel grembo materno dialoga ma soprattutto impara e una volta nato sarà la famiglia ad averne cura e a prepararlo per il futuro come adulto consapevole e responsabile. Questo gli permetterà di entrare nel mondo come uomo maturo capace di “ generare “ a sua volta volta cambiamenti forte del fatto che dovrà relazionarsi con la società che lo circonda e dalla quale non potrà svincolarsi essendo lui stesso un anello indispensabile all’ evolversi della vita Il nuovo quindi è possibile grazie a ciò che si è ricevuto. E il nuovo lo possiamo sperimentare nel lavoro, nel volontariato, nella famiglia, nel welfare. Cos’è oggi il welfare? E’ un insieme di servizi istituzionalizzati che costano e spingono le istituzioni a contenere sempre più la spesa, poi ci sono le famiglie che spendono altrettanto per garantire altri servizi ( badanti, baby sitter, asili nido, trasporto scolastico mensa scolastica e quant’altro ) e con tutto ciò quando si parla con chi ha problemi e deve usufruire di servizi, si ascolta malcontento. Allora significa che qualche cosa deve cambiare. Fino agli anni sessanta il welfare italiano era esclusivamente moneta e prestazioni ossia pensioni e riconoscimento della maternità Poi dagli anni settanta si afferma un welfare che eroga servizi facendo leva sul binomio bisogno/ diritto. Questo ha portato alla necessità di accumulare sempre più risorse e questo ha gonfiato enormemente la spesa dello Stato, Regioni, Province, Comuni tanto da diventare una delle voci più rilevanti del bilancio. Questo era garantito dal rapporto Mercato/ Stato. L’uno doveva produrre ricchezza e l’altro distribuirla secondo equità. E’ a questo punto che si sente la necessità di un attore terzo che vada a colmare quell’area tra Stato e mercato nella quale si erogano sì, servizi,ma si scambiano relazioni, si forniscono risposte ai bisogni di categorie deboli con strumenti diversi da quelli usati dal mercato ( che è fare soldi ) e lo Stato che può indurre all’assistenzialismo. Questo terzo settore quindi è formato da attori che sono motivati da altruismo, coinvolgimento personale e sono sorretti da valori i principi etici; il loro fine è il benessere collettivo e non il profitto personale. Nel corso degli anni il terzo settore è cresciuto a dismisura e si è organizzato in associazioni di promozione sociale, cooperative sociali, associazioni di volontariato, onlus, organizzazioni non governative ecc. Pensate che solo nella nostra Este sono 108 le associazioni iscritte nell’apposito registro e sono di natura diversa ovviamente : culturali, sportive, con finalità sociosanitario, caritative ecc. ma questo vi da’ l’idea di quante possono essere in Italia le persone che a vario titolo si occupano del prossimo, al di fuori di chi lo fa’ per una scelta lavorativa. Pensate se ognuna di queste persone portassero nel loro agire un po’ di innovazione, di creatività o di progettazione coraggiosa. Forse ci sembra utopia ma poi all’atto pratico farebbe la differenza. Ma lo vedremo più avanti. Quando si parla di persone che hanno hanno bisogno di aiuto, abbiamo idea di chi sono ? Caliamoci sempre nella realtà del nostro territorio. 46 Comuni, circa 180.000 cittadini, 17.000 famiglie. I numeri possono essere leggermente variati con l’immigrazione ma rimane il fatto che una famiglia su tre presenta al suo interno un problema socio-sanitario più o meno grave. Le patologie presenti siamo soliti dividerle in cinque grandi categorie: Handicap fisico e mentale Tossicodipendenza Area Psichiatrica Area Anziani Area Materno- Infantile Possiamo anche aggiungere l’area immigrati. E’ impensabile che le istituzioni presenti sul nostro territorio riescano a rispondere da sole a dei bisogni così pressanti e gravi come quelli contenuti in queste aree. Il volto della società è cambiato, la società è invecchiata. Spesso le famiglie sono formate da due anziani che devono, se possono, aiutarsi a vicenda. Pensate che uno degli ultimi censimenti fatti a Milano ( 2015 se non sbaglio ) ha messo in evidenza che il 51% delle famiglie è formata da una persona, il 35% da due e il rimanente da nuclei più numerosi. Situazioni simili ci sono anche nel nostro territorio e quindi pensate se non è il caso di rimboccarsi le maniche e darsi da fare. Una società partecipativa e solidale è in grado di risolvere molti problemi mentre la società che si mette in posizione di attesa ( qualcuno farà per me !! )è completamente fuori tempo e fuori luogo. Come abbiamo visto prima, sulle famiglie gravano spese sociali non indifferenti e le famiglie non sono ditte, quindi bisogna pensare a forme di interventi sociali che non facciano pensare al business colossale che c’è dietro l’accoglienza degli immigrati, ma piuttosto alla convivenza, al nostro modo di vivere, al valore che diamo all’altro. In questo, il volontariato con la sua gratuità, la sua capacità di relazione,la sua determinazione nel pensare la “ persona “ fragile come come un dono indispensabile per farci crescere come individui trasmette alla comunità quanto questa esperienza sia nobile e gratificante. Mettere la “ persona “ al centro e promuovere il suo benessere fa’ star bene anche gli altri e in questo cammino ( non facile ma possibile ) piano piano possiamo cambiare la società. E questo ci permette di fare la storia, che non è quella delle gesta epiche che abbiamo studiato a scuola, ma è quella dei piccoli passi che permettono al mondo di progredire e di evolversi. Ancora un compito importante del volontariato è quello di stimolare le istituzioni a fare interventi veramente mirati ai bisogni e cooperare con le istituzioni stesse affinchè questi interventi siano veramente incisivi sulle realtà sociali a loro prossime. Non è vero come dicono Dotti e Regosa nel loro libro “ Buono e Giusto “ che non ci sono più soldi, ma piuttosto non ci sono più idee. Lo sapevate che oggi le figure sociali più rilevanti sono gli architetti e non le assistenti sociali? Nel libro che ho citato prima e che mi è stato regalato dal Dott. Realdon in preparazione di questa serata, gli autori portano l’esempio di progetti abitativi sviluppati in periferia a Torino, Milano e , Bergamo dove, sul recupero di quartieri deg
radati è stato possibile costruire alloggi a prezzi popolari, grandi spazi verdi per bimbi e anziani perchè importante è favorire la relazione, con la possibilità di accesso a servizi molto vicini o comunque facilmente raggiungibili. Per esempio, perchè non è possibile pensare alla costruzione di una lavanderia centralizzata, o un alloggio per la badante di condominio, o addirittura a una funzione più sociale dell’amministratore di condominio ? Idee che possono essere realizzate, basta volere. Anzi, alcune di queste esperienze ci sono già in Emilia Romagna. Vi sono servizi che sono già stati attivati in seguito a leggi dello Stato ( ad es. la lex 69 del 2009 ) che ha avviato un percorso non facile per inserire le farmacie nei servizi integrati socio-sanitari. Le farmacie, presidi di comunità, già effettuano controlli della P.A. ed – E.C.G. ma potrebbero anche effettuare esami ematochimici con ritiro referti presso le farmacie stesse evitando code ospedaliere e favorendo chi non ha mezzi di trasporto. Potrebbero inoltre attivare servizi di F.K.T. e avere la presenza di un Infermiere Professionale. Tutto questo è previsto dalla legge ma ancora adesso moltissime farmacie per vari motivi sono inadempienti. E che dire dell’ospedalizzazione domiciliare ? Forse in qualche città virtuosa d’Italia si fa’, ma da noi i pazienti vengono dimessi dall’ospedale prestissimo ( un taglio cesareo in terza giornata ) e questo per contenere i costi della sanità ( 600 euro al giorno ) e per contro a domicilio non c’è continuità assistenziale. Un medico e l’ostetrica per l’assistenza domiciliare alla puerpera costerebbero al sistema sanitario 160 euro! Quindi capite bene quante cose utili si potrebbero fare che vanno tutto verso il garantire più aiuto e sicurezza a chi si trova in difficoltà. Oggi sempre più le Amministrazioni Comunali si avvalgono del volontariato non solo per collaborare nel rispondere ai bisogni sociali o socio sanitari, ma per formare gruppi di studio sul come poter lavorare assieme coinvolgendo anche il destinatario dell’aiuto, ossia il cittadino. Volontariato, istituzioni e altre figure ( ass. sociali, architetti, educatori ) tutti insieme a lavorare non “ con qualcuno” ma “per qualcuno”. E’ questo che fa’ la differenza. La sussidiarietà “ orizzontale “ che coinvolge e rende partecipi i cittadini permette di trovare soluzioni adeguate ed efficaci non fosse altro perchè ogni persona è esperta di se stessa e conosce perfettamente quali interventi mettere in atto per il proprio benessere. Lavorare assieme ed aiutarci l’un l’altro perchè ognuno ha bisogno dell’altro, anche la persona più abbiente. Non è assolutamente vero che il welfare serve solo alla povera gente. Vi sono situazioni per le quali il denaro non basta, ossia in alcuni casi serve di più chi è in grado di capire il tuo disagio, di ascoltarti e darti una mano. Ricordo a questo proposito una bella storia cinese: -” un giorno un uomo volle visitare l’inferno e con grande stupore vide una grande sala con la tavola imbandita e con tutti i commensali seduti attorno ad essa. Erano dotati ciascuno delle tradizionali bacchette per mangiare, ma queste erano lunghe due metri, pertanto il loro tormento era quello di non riuscire a prendere nemmeno un chicco di riso. Il visitatore chiese allora di vedere il paradiso. Stessa situazione, tavola imbandita, commensali seduti dotati delle solite bacchette lunghe due metri. Tutti però potevano mangiare perchè si imboccavano l’un l’altro. La saggezza orientale non ci dice che l’aiuto reciproco porta anche tanta gioia. Credo che il volontario nel suo operare non solo si senta felice di ciò che fa’ ma deve essere consapevole che può dare ciò che ha ricevuto perchè ha un debito di riconoscenza con chi ci ha preceduto. Come duce il filosofo francese Bernard de Chartres,” siamo nani sulle spalle di giganti “,così possiamo vedere più in alto e più avanti non già per la nostra statura ma perchè siamo portati da gigantesca grandezza. Anzi, più sarà in grado di riconoscere il legame fondamentale che ha con il passato e riscoprirlo più sarà in grado di essere innovativo e coraggioso difronte ad un presente così complesso che necessita di continui cambiamenti. Difronte a questa complessità il volontario si pone come “ persona “ prima di tutto con il suo spessore morale, la sua coerenza e generosità e offre nel tempo garanzia di mantenere ciò che ha promesso a se’ e agli altri. Prima di dare la parola ad Anna Francesco mi piace finire questo mio intervento con una bella frase che cito spesso ed è tratta da una lettera che Seneca scrive all’allievo Lucilio: “ Non dobbiamo cercare di vivere a lungo ma di vivere bene, giacchè il vivere a lungo dipende dal destino, il vivere bene dipende dall’animo “.

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